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L’antica insula episcopalis nolana-Rilettura dei dati archeologici e nuove acquisizioni documentarie

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    Ufficio Liturgico
  • 16 nov 2022
  • Tempo di lettura: 17 min

Giuseppe Mollo - Antonia Solpietro


Il complesso della cattedrale-episcopio sorge nel cuore della città di Nola e rappresenta il fulcro religioso attorno al quale si è avviata la cristianizzazione della diocesi nolana.

L’interpolazione dei dati archeologici con quelli delle fonti archivistiche e letterarie, in primis il De Nola di Ambrogio Leone –1514 – ha permesso di tracciare, seppur per macro fasi, lo sviluppo cronologico e spaziale dell’insula episcopalis con gli edifici compresi nel suo perimetro (fig.1).


1. Lo stato degli studi: l’origine della diocesi.

Per l’origine della diocesi di Nola possiamo seguire il Lanzoni che la pone alla metà del III secolo. Egli ci tiene a dire che non è il primo a formulare questa ipotesi, perché già prima di lui, si erano orientati nella stessa direzione altri scrittori come Hergenröther, Kraus, Tillemont, Allard, Duchesne. Tuttavia lo stesso Lanzoni è ben consapevole di non poter assumere un atteggiamento più deciso, e perciò lascia ancora un margine di elasticità per una datazione un po’ più lontana quanto all’inizio della diocesi di Nola scrivendo: «Potrebb’esser più antica» (Lanzoni 1927). L’inizio della diocesi di Nola al III secolo è stata sostenuta, ancora negli anni novanta del Novecento, da Ruggiero, che pur riconoscendo che non siamo in grado di determinare con esattezza l’epoca in cui visse San Felice, non fa neppure parola di coloro che ne pretendevano l’esistenza nei secoli II o addirittura I, ma accenna solo a due gruppi di studiosi, quelli che propendevano per una datazione più antica, e cioè al tempo di Valeriano nell’anno 258, e quelli che scendevano alla persecuzione di Diocleziano nel 305 (Ruggiero, Crouzel, Santaniello 1983). Recentemente il Santaniello ha fornito tre indicazioni previe ad ogni ricerca sulle origini della comunità cristiana di Nola. «1. Innanzitutto va messa da parte l’opinione di quanti hanno difeso e difendono le origini apostoliche anche della Chiesa di Nola, peraltro non si nega che cristiani, convertiti ed istruiti alla fede, siano fioriti anche a Nola già nel II secolo. 2. Nel corso del III e IV secolo il gruppo dei cristiani della città e del suo contado, diventato notevole ed articolato sull’onda della devozione e del culto di San Felice, si è organizzato e strutturato in comunità gerarchica, sotto la guida del suo vescovo e dei suoi presbiteri. 3. Anche sul territorio nolano il cristianesimo maturò attraverso un lento processo, iniziatosi fin da quando il Coemeterium della città aveva accolto i primi cristiani e i martiri della nuova fede, vale a dire fin dall’inizio del III secolo» (Santaniello 2010, p.443).


2. I dati archeologici.

Un’indagine archeologica condotta nel 2013 nella cripta di San Felice vescovo e martire, posta al disotto della cattedrale, ha potuto appurare che l’area in epoca romana rientrava in uno dei quartieri residenziali della città ed era occupata da una domus sui cui resti venne edificato, nel corso del V secolo d.C. – ma precedentemente all’eruzione cosiddetta di Pollena del 472 d. C. – un edificio di culto che inglobò l’ esedra di una domus romana, presso la quale la tradizione avrebbe posto ab antiquo la sepoltura del proto vescovo nolano Felice e corrispondente all’abside, posta ad ovest, del sacello feliciano (Castaldo 2013;Solpietro,Castaldo 2013). Lo scavo archeologico, infatti, ha evidenziato che l’aula della cripta era stata sotto scavata, alla fine del XVI secolo, rispetto alle quote del piano di calpestio di epoca romana fino a portare a vista il muro di fondazione della parete in opus vittatum, dove è collocata la lastra marmorea del miracolo della manna (fig. 2).

Così come non è da escludere che la lastra di marmo di V secolo decorata da una croce - in origine gemmata - affiancata da rami con uccelli e melograni, oggi murata sulla parete orientale della cripta feliciana, potesse essere stata parte dell’altare della confessione del santo e rimasta in situ verosimilmente fino agli inizi del Seicento (A.s.d.nol.1586; A.s.d.nol.1613; Ebanista 2007 p.64-66; Campone 2009) (fig.3).

Le eruzioni vulcaniche della fine del V secolo d.C. e dei primi decenni del secolo successivo con le alluvioni che seguirono agli eventi eruttivi, provocarono un repentino innalzamento del piano di calpestio di oltre un metro con la conseguente obliterazione dei piani d’uso esterni degli edifici, parzialmente emergenti dai depositi fangosi, ed una sottoposizione dei piani interni che determinò un riutilizzo delle strutture a quota inferiore, quando queste ultime sommerse dai fanghi piroclastici non furono definitivamente abbandonate (Di Vito, Castaldo 2013).

La modifica dell’assetto urbano, residenziale e viario, con la formazione di un piano d’uso a quota più alta, dovette ben presto sollecitare la costruzione di un nuovo edificio di culto che venne impostato sull’ antica e primigenia basilica feliciana e, dunque ad una quota superiore.

La fondazione dunque di questo nuovo edificio, verosimilmente a tre navate mono o triabsidato è da ascriversi ad epoca altomedievale, presumibilmente databile tra l’eruzione cosiddetta di Pollena del 472 d.C. e l’VIII-IX secolo, forse in origine con la sola intitolazione alla Beata Vergine Maria. Testimonianza indiretta dell’esistenza della primitiva cattedrale cittadina, la si ricava proprio dagli scritti di san Paolino, quando parla del suo predecessore Paolo (+ 409) e della comunità di presbiteri che a lui facevano capo nell’urbe nolana. (Santaniello 1992, Ruggiero1996, Santaniello 2015). E’ l’asceta nolano a chiedere al vescovo Paolo la ricognizione del sepolcro di San Felice nel Coemeterium, tuttavia il pastore di Nola non può intervenire ed invia a Cimitile molti membri del suo presbiterio per assistere alla sacra cerimonia. Quella stessa comunità religiosa che sarà posta sotto la sua guida spirituale, proprio alla morte del vescovo Paolo nel 409.

Paolino, infatti, per propria scelta prenderà la decisione di risiedere nel complesso basilicale sub-urbano di Cimitile, presso la tomba del presbitero Felice; tuttavia l’ecclesia maior cittadina continuerà a svolgere la sua funzione di fulcro dell’intera diocesi.

La città si qualificherà con due centri attivi di culto, l’uno intra moenia, dove risiede il vescovo Paolo, l’altro centro ascetico-cultuale della chiesa locale, extra moenia, costituitosi a partire dal IV secolo, nel Coemeterium della città, intorno alla tomba di S. Felice presbitero, con l’episcopato di Paolino. (Ebanista 2007; Santaniello 2010, pp.442-444).

La presenza di una comunità cristiana a Nola è stata recentemente documentata negli scavi del 2016 – inediti – condotti in via Seminario, in area extraurbana, che restituisce un’area cimiteriale pluristratificata a partire dall’età sannitica con tombe a cassa del IV secolo a.C. fino a quelle “ad enchytrismos” di età romana e a sepolture tardo antiche associate a strutture di un edificio di culto con continuità di vita sino all’altomedioevo.


3. Fonti documentarie e fasi edilizie: dall’VIII all’XI secolo.

Un documento datato 703 (aut 748) cita un «Leo indignus presbiter sancte ecclesie nolane» (R.n.a.m.1845), che ci riporta, ancora una volta ad un organismo ecclesiale locale già ben costituito all’interno delle mura cittadine; gerarchizzato e che si andava sviluppando con l’aggregazione di nuovi edifici di culto, accanto a quelli già presenti.

L’esistenza in città, infatti, di un isolato sviluppatosi intorno all’ecclesia maior e al palatium episcopale, quale residenza del vescovo, si ricava chiaramente da diversi documenti: in quello del 982 ed in quelli di età normanno-sveva: del 1037, del 1093, del 1105 «Nos Guillelmus domini gratia episcopus sancte sedis nolane ecclesie. nos autem una cum cunctos sacerdotes et diaconos et subdiaconos ac clericos ipsius nostri episcopii…» e del 1123 dove si cita proprio l’«episcopio nolano» (R.n.a.m.1849,R.n.a.m.1854, R.n.a.m. 1857,R.n.a.m.1861).

Le fonti, qui citate per la prima volta, risultano essere antecedenti al noto documento del 1181 che ricorda in città il palazzo del vescovo; l’atto di donazione originale, purtroppo non più conservato, ma attestato in una platea settecentesca, menzionava, infatti, un terreno ubicato in città «nei pressi della curia vescovile» (Capolongo 1991, doc.7 p.52; Buonaguro 1997, p.3 doc.3; Ebanista 2007 p.39).

L’assetto, le dimensioni e l’orientamento di questo nuovo edificio di culto, nonché dei suoi rapporti con gli altri edifici più antichi presenti nell’insula sono tutt’ora materia di studio. Possiamo comunque avanzare l’ipotesi che questa fosse conformata al noto modello dell’abbaziale di Desiderio (1066-1071) a Montecassino, ovvero la ripresa di tre motivi tradizionali consistenti nella scelta del corpo basilicale a tre navate, nel transetto continuo e nella triplice terminazione absidata. (Krautheimer 1965, pp.196-198.). Accanto ad essa era l’antica chiesa dei Santi Apostoli ed un probabile baptisterium, da identificare, verosimilmente, nello spazio della zona absidale dell’attuale cappella dell’Immacolata (fig.4). L’ipotetica struttura, dall’impianto ottagonale, è stata in parte inglobata nelle fabbriche del palazzo vescovile ed è rivestita da intonaci, tuttavia la foggia architettonica sembra richiamare edifici di uso battesimale. La sua collocazione, a nord-est, ossia in prossimità di quello che dovette essere ab antiquo l’ingresso alla basilica feliciana potrebbe costituire un ulteriore indizio. Solo mirate indagini archeologiche potranno confermare o smentire tale ipotesi. Al momento, è ipotizzabile che l’edificio altomedievale della cattedrale avesse conservato grosso modo l’impianto di quello paleocristiano; non sappiamo se avesse mantenuto lo stesso orientamento ad occidente, o se invece, già in quest’epoca si fosse ruotato di 360°, ossia con l’abside traslata ad est, l’ingresso posto ad ovest e la facciata allineata al nucleo originario dell’attuale torre campanaria, la cui costruzione si interpose tra il fianco meridionale della cattedrale e la facciata della chiesa dei Santi Apostoli. Le quote di calpestio attuali sono il frutto dei lavori di riassetto generale della fabbrica della cattedrale dopo il crollo del 1583 e la successiva ricostruzione post incendio del 1861.


4. Dal XII al XV secolo

La fondazione della torre campanaria ricondotta dal Rosi agli inizi del XIII secolo, va con buona probabilità retrodatata, considerandola, invece, come una delle fasi di rimaneggiamento che nel corso dei secoli hanno interessato l’edificio (fig.5) (Rosi 1949). Nell’ambiente all’altezza della bifora è, infatti, visibile una fabbrica verosimilmente più antica alla quale si addossa la fodera muraria costituita dal rivestimento in blocchi di travertino di spoglio.

Singolari gli allineamenti di questo edificio, sia longitudinalmente con il muro perimetrale settentrionale dei Santi Apostoli che trasversalmente con l’abside dell’antico edificio di culto feliciano. Il lento processo di riassetto dell’isolato dovette continuare tra il XII ed il XIII secolo. In questo periodo, si colloca l’intervento di rifacimento della basilica dei Santi Apostoli patrocinato dal vescovo Bernardo (1175 – ?) che a proprie spese prima del 1190 «readificavit sub Beati Petri, et nostra protectione suscipimus» l’edificio sacro, come riporta la Bolla del pontefice Clemente III diretta al rettore e ai confratelli della chiesa. (Remondini 1747, p.652).

La chiesa sorse parallela al sacello feliciano, probabilmente in epoca paleocristiana, ma non sappiamo se ne condivise l’originario piano d’uso, solo un’accurata indagine archeologica potrà fornire un riscontro alla nostra ipotesi. Tuttavia negli ipogei scavati al di sotto dell’ala meridionale emergono avanzi di muri con tracce d’intonaco e pavimenti in cocciopesto, databili al I-II secolo a.C, che si ricollegano agli analoghi ritrovamenti di via san Felice in corrispondenza del cappellone del Crocifisso della cattedrale. Il prospetto della chiesa dei Santi Apostoli si estendeva in antico in prossimità della torre campanaria, ossia arrivava ad occupare l’area dell’attuale sagrestia ottocentesca, forse preceduta da un porticato, come mostra un fusto di colonna spezzato e parzialmente interrato, presumibilmente in situ. L’indagine archeologica consentirebbe di risalire alle quote d’uso originarie, almeno in questa parte dell’insula.

Notevole fu la fase di ricostruzione trecentesca della cattedrale patrocinata dalla famiglia comitale degli Orsini, che deteneva il possesso della contea nolana sin dal 1293 a seguito del matrimonio di Anastasia de Montfort con Romano Orsini.

Le varie fasi edilizie contribuirono a determinare un nuovo impianto plano-volumetrico della cattedrale e dell’intero isolato che nella sua magniloquenza era divenuto ormai espressione della chiesa di Nola e dei suoi vescovi, ma anche simbolo della ricca e nobile committenza comitale degli Orsini.

La cattedrale, dunque, pur nelle varie fasi di trasformazioni edilizie conserverà sempre una stretta inter-connessione con gli edifici preesistenti nell’insula: la cripta feliciana, nucleo originario intorno al quale si era sviluppato l’isolato sacro, divenuta poi di patronato degli Orsini; il baptisterium di cui si è detto; il campanile; la chiesa dei Santi Apostoli; la chiesa di San Giovanni Battista, la cui fondazione resta ancora da definire, ma non è escluso possa ascriversi al XIII secolo ed essere sorta in stretta relazione con lo spazio del più antico baptisterium ed il palatium vescovile, come si evince nel saggio di scavo, lasciato a vista, che ha riportato in luce un palinsesto di affreschi sulla parete del muro settentrionale dell’aula ecclesiale (fig.6).

La costruzione della cattedrale a quota più alta e sovrastante l’ipogeo feliciano, determinò, come si è detto, il modificarsi dei piani di calpestio e la necessità di raccordare fabbriche vecchie e nuove a quote differenti, che tuttavia continuarono a conservare il loro originario uso liturgico.

É da ipotizzare che entro il 1255 la cattedrale, aveva ormai assunto l’attuale orientamento est-ovest e che nel XIV secolo si determinò un ulteriore intervento con l’avanzamento del prospetto ad occidente, ossia verso lo slargo della piazza pubblica, già attestata dalle fonti documentarie proprio nel 1255 (A.s.d.nol.1205-1699; Capolongo 1991). L’ampliamento, forse da ascriversi tra il 1387 ed il 1395, ossia con il conte Nicola Orsini, determinò l’arretramento del campanile rispetto alla nuova facciata della cattedrale, traslata – come si è detto – verso la piazza pubblica (Buonaguro1997, p.122 doc.372).

Nicola Orsini, infatti, destinò la quarta parte delle decime per la riparazione e l’ampliamento della cattedrale, chiaro indizio che il conte intervenne su un edificio preesistente, non è da escludere, in questa fase, che il citato intervento abbia riguardato l’intero complesso edilizio: «Il Conte Nicolò fondò lo Monasterio di Santo Francesco l’ecclesia e' dotò o agiutò ala fondazione del vescovato (B.o.gir. f. 80v); e ancora «Il conte Nicolò (...) Agiutò a la fabrica del vescovato de Nola» (B.o.gir. f.99r). Lo stesso conte nei decenni precedenti era intervenuto nella zona absidale, con la realizzazione dell’arredo liturgico: altare e coro, come si evince da un documento del 1363 in cui il papa Urbano V autorizzava a «construi et edificare facere unum chorum et altarem in capite Ecclesie Nolane» (Di Cerbo 2014/2015, p.344).

A questo punto è importante una riflessione sulla data di “riparazione ed ampliamento” della cattedrale trecentesca che ha visto gli studiosi diversamente orientati, dai più recenti studi che la retrodatano agli anni trenta del XIV secolo (Di Cerbo 2014/2015); a chi invece, compresi gli scriventi l’hanno ricondotta agli anni settanta, “condizionati” soprattutto dalla tradizione letteraria del Remondini; e chi invece agli anni ottanta/novanta (Buonaguro1997, ix; Prudenziano 2006, p.52 n.115). Se è certo che i lavori dell’edificio sacro si conclusero e non ebbero inizio nel 1395, come ne è testimonianza l’iscrizione che era un tempo collocata sulla porta laterale sinistra della cattedrale, più complessa appare, invece, la data di avvio della fabbrica, influenzata anche da una tradizione letteraria, del tutto errata ed oramai superata, del trasferimento nel 1370 della cattedra vescovile dal complesso basilicale di Cimitile entro la città di Nola. É, come si è accennato, il Remondini ad ascrivere al 1371 l’avvio della «gran fabbrica della Cattedrale di Nola» (Remondini 1747, vol. I, xj) anche se poi, in altre parti del testo, trattando più dettagliatamente della storia della cattedrale, erroneamente, ritiene che l’avvio dei lavori vada ascritta al 1395 (Remondini 1747, vol.I, p.162).

E’ negli anni settanta del Trecento, che i canonici lamentano la scarsità di benefici ecclesiastici e quindi di rendite: è del 1372 la bolla di papa Gregorio XI con cui vengono aggregate al Capitolo della cattedrale alcune chiese del territorio della Diocesi dotate di una rendita di cinquecento fiorini. Va inoltre segnalato che l’Ughelli quando tratta dei vescovi di Nola, ricorda a proposito di Francesco Scaccano, divenuto presule della Diocesi nolana nel 1370: «Cathedralem vetustate fatiscentem nova molitione cepit ex edificare» (Ughelli 1720, p.258). Non è dunque da escludere che il vescovo Scaccano abbia avviato una prima fase edilizia proprio all’inizio del suo episcopato, in quegli stessi anni settanta che il Capitolo lamenta la scarsità di risorse, che troverà, grazie all’aiuto del conte Nicola la sua piena realizzazione tra il 1387 ed il 1395.

Una importante fase edilizia – fino ad oggi ignorata – è da ricondursi al XV secolo, ossia agli anni dei conti Raimondo ed Orso Orsini e dei vescovi Leone IV de Simeoni (1442-1469), Giovanni Antonio Boccarelli (1469-1475), da identificarsi con Ioanne Antonio Tarentino quando si realizzò presumibilmente, la costruzione del transetto o titolo che collegò la cattedrale con la chiesa dei Santi Apostoli, ossia l’inclusione di quest’ultima nello spazio liturgico-funzionale della più antica ecclesia maior tanto da diventare un unico edificio cattedralizio, il «vescovato grande» utilizzato a quote differenti e che comportò al tempo stesso la trasformazione dell’originario vano della cripta feliciana che fu probabilmente decurtato nella lunghezza dalla costruzione del sovrastante transetto, facendogli assumere la configurazione planimetrica con tre file di colonne e copertura con volte a crociera, così come descritta da Ambrogio Leone ai suoi tempi (Leone 1514, p.331), oggi un’aula unica priva di colonne.

L’erudito nolano, poi ci ricorda, a giusta ragione, che la cattedrale era stata edificata non molti decenni prima e che a sovrintendere i lavori fu lo zio paterno Leone, amico e uomo di fiducia dei conti Raimondo e Giovanni Antonio Orsini: «Basilica Episcopii incaepta est a Raymundo Ursino memorato, finita vero est ab Vrso atque Episcopo nolano Ioanne Antonio Tarentino. Chorospitae basilicae fabricatae sunt ad hoc ipso Ioanne Antonio Tarentino. Chorospitae basilicae fabricatae sunt ab hoc ipso Ioanne Antonio Episcopo, a quo episcopale palatium etiam instauratam magna ex parte fuit atque aptius distinctum» (Leone 1514, pp.393-394).

I lavori della grande fabbrica religiosa furono conclusi con il vescovo Orlando Orsini (1475-1504) a cui si deve, tra l’altro, la realizzazione della porta principale della cattedrale e il rifacimento del campanile. Ricordando i vescovi succedutesi nell’episcopato nolano, l’estensore del manoscritto tardo cinquecentesco dell’Oratorio dei Girolamini riporta: «Leone IV de Simeoni vescovo et questo fu il primo che principiò il vescovato Grande de Nola a' fabricarlo che prima erano due ecclesie e' de tutte due ne fe una vescovale. Item Giovanni Antonio Boccarello vescovo che fenì detta fabrica del vescovato. Item Orlando Orsino vescovo de Nola questo fe' la porta grande del vescovato» (B.o.gir. 1591, ff.58r-59v).

Il nuovo assetto delle fabbriche sacre con gli spazi annessi e ridefiniti tra XV secolo e primi anni del secolo successivo è ben rilevabile, ancora una volta dalla testimonianza fornitaci da Ambrogio Leone. Questi dopo aver descritto con minuzia di dettagli l’organizzazione spaziale della cattedrale, ricorda che l’accesso all’antica chiesa dei Santi Apostoli, ormai ai suoi tempi avveniva direttamente dal transetto della cattedrale. Si legge chiaramente nel De Nola che, l’ingresso alla chiesa dei Santi Apostoli non era posto sulla facciata principale, ubicata ad occidente, il cui accesso doveva ormai essere interrato, ma si apriva nel fianco meridionale della stessa, lungo la medievale strada Cortefellana, tuttavia da questo ingresso non era possibile scendere direttamente nella navata, ma attraverso un percorso che costeggiava la facciata dell’edificio si giungeva all’interno del transetto della cattedrale, dove attraverso un piccolo arco era possibile l’accesso ai Santi Apostoli (Leone 1514, p.335).

È da credere che proprio con la conclusione dei lavori dei primi anni del Cinquecento la cattedrale fu nuovamente riconsacrata alla Beata Vergine e ai santi Felice protovescovo e Paolino. A quest’ultimo santo infatti, era dedicata una chiesa con annesso hospitium contigui all’insula episcopalis, almeno fin dall’alto medioevo (Solpietro 2007).

Il titulus della cattedrale trecentesca, di cui oggi un inedito sigillo del vescovo Francesco Scaccano ne avvalora l’intitolazione, trova una ulteriore compiuta codificazione nella dedica epigrafica apposta dal vescovo Orlando Orsini sulla porta principale della cattedrale a chiusura dei lavori. Un altro inedito sigillo del citato vescovo Orlando raffigura entro architetture goticheggianti, la Vergine con il Bambino tra i Santi Felice e Paolino, e costituisce una chiara trasposizione iconografica dell’iscrizione dedicatoria sopra citata (fig.7).


5. Dal XVI al XIX secolo

Il 26 dicembre del 1583, giorno di Santo Stefano, la cattedrale fu pesantemente danneggiata da un rovinoso crollo (Costo 1591, cc.58v-59r). L’edificio venne ricostruito dal vescovo Fabrizio Gallo (1585-1614) e completato negli ornamenti dal successore, il presule Giovanbattista Lancellotti (1615-1655). Ulteriori ammodernamenti furono patrocinati nel Settecento dal vescovo Francesco Maria Carafa (1704-1737), che arricchì il duomo con stucchi ed un pregevole altare in marmi. Lo stesso contemporaneamente interveniva nella contigua chiesa dei Santi Apostoli che ormai dal XV secolo era stata unita alla cattedrale. Architetti e pittori quali Arcangelo Guglielmelli, Giuseppe Simonelli e Domenico Antonio Vaccaro tra gli inizi e la metà del XVIII secolo daranno alle fabbriche una nuova veste barocca. Un incendio doloso appiccato nella notte del 13 febbraio del 1861, distrusse la cattedrale, che venne riedificata dall’architetto Nicola Breglia e la tenace volontà del vescovo Agnello Renzullo (1890-1924) (Angelillo 1909, pp.66-79; Carillo 1989, Carillo 1993). La nuova cattedrale venne inaugurata nel 1909.


6. Conclusioni

Le fonti letterarie e documentarie se lette senza pregiudizi, e i dati archeologici, pur talora con la difficoltà di una datazione puntuale, convergono nel mostrare un lungo processo che partire dal II secolo a. C. e fino alla guerra greco-gotica determinarono la destrutturazione di ampi settori urbani della città antica secondo un modello invalso anche per altri centri campani. Influirono oltre ai cambiamenti ideologici anche i fattori economici dovuti all’effetto delle invasioni barbariche, nonché le cause naturali, in particolare l’eruzione cosiddetta di Pollena del 472 d.C., che ebbe un impatto notevole nell’area nolana e vesuviana, i cui effetti conseguirono il medesimo risultato: edifici monumentali lasciati in rovina o sostituiti da edifici poveri come ben esemplificano alcuni scavi condotti in città: il complesso termale e la residenza sotto la chiesa di san Francesco, oggi San Biagio, i resti di capanne nell’anfiteatro, la residenza tardo antica nella corte di Palazzo Orsini, i recenti ritrovamenti nell’ area dell’attuale foro boario e le strutture di età repubblicana emerse nel settore meridionale dell’insula episcopalis, restaurate più volte in età imperiale e definitivamente abbandonate agli inizi del VI secolo in seguito alla citata alluvione.

Le modeste tracce di frequentazione d’età altomedievale unitamente alla presenza di un monastero femminile ricordato da Gregorio Magno nel 591, attestano tuttavia, che Nola non fu del tutto abbandonata, ma rientrava nel modello delle città romane che nel Medioevo si ridussero a piccoli centri. La Pani Ermini, giustamente ha suggerito di cercare la continuità della sede vescovile nolana all’interno della città, escludendo che la cattedrale rimase nell’area funeraria di Cimitile per tutto l’alto medioevo, anche perché dopo l’alluvione «mancava una basilica degna del rango di vescovile di seconda metà VI-VII secolo» (Pani Ermini 2003, p.334, Ebanista 2007, p. 86).

É da credere, a giusta ragione che l’isolato della cattedrale fu racchiuso in un recinto murario alto medievale di modeste dimensioni rispetto a quello della città romana e che accolse nel suo perimetro spazi coltivabili, mercati ed attività artigianali, documentate dalla presenza di numerose botteghe prossime alla cattedrale e di terreni di pertinenza della Frateria e del Capitolo ceduti in fitto. Si delinea, dunque l’immagine di una città intra moenia pienamente autosufficiente e che fa perno intorno alla sede vescovile. Quello stesso isolato che si conserverà ancora ai tempi di Ambrogio Leone, che seppure ci offre l’immagine dell’insula episcopalis che si era venuta strutturando ai suoi tempi, tuttavia è ben memore del più antico impianto medievale, dei suoi spazi e tracciati viari.


FONTI

A.s.d.nol. = Archivio Storico Diocesano di Nola, Fondo Archivio Capitolare, Registro di tutti li pergameni sistentino nell’Archivio, (1205-1699), 64/R, f. 13r, n. 80; Ead. Fondo Visite Pastorali, Sancta Visitatio peracta Anno Domini 1586, Mons. Fabrizio Gallo, vol.VI, f.72v; Ead., Fondo Sante Visite ad limina, fascicolo Mons. Fabrizio Gallo, Relatio 9,1613.

B.o.gir.= Biblioteca Oratoriana dei Girolamini, De la Vita delli cinque Santi vescovi, martiri, confessori et protectori de la Ill.ma città di Nola ... vi si gioncono alcun'altre cose notabile de grande sbendore della detta città ...,ms. 1591, Napoli, ms. XXVIII. 3.27.

R.n.a.m. = Regii Neapolitani Archivi Monumenta edita ac illustrata, Ex Regia Typographia, Neapoli, 1845 vol. I, 703-947, I (3); Ead. 1849 vol. II, 981-1000, CXCI(24); Ead.1854 vol.IV,1001-1048, CCCLVIII(274); Ead. 1857 vol.V, 1049-1114, DXX (299); Ead. 1861, vol. VI, 1115-1130 DLXXVI(75).


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Immagine:

GIROLAMO MOSCETO, Pianta della Città di Nola, 1514, allegata al “De Nola” di Ambrogio Leone.


 
 
 

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